Francesco Abate - Un posto anche per me

Francesco Abate - Un posto anche per me  

Einaudi Stile Libero BIG
2013
pp. 222
€ 17,50







"Wahid invece ha detto che sono come quel personaggio di un film americano che sta alla fermata con una scatola di cioccolatini in grembo e racconta la sua vita a chiunque attenda la corriera con lui. Ma non si ricordava il titolo del film. Ha detto che sono molto simile a quello lì, solo più grasso. 
Signor Cambazzu non lo dice, ma mi vorrebbe come figlio. Non sono scemo e l'ho capito.
Gli altri di me hanno detto che sono ciccione, brent'e porcu, buddone, ovetto chinde, boddorone, cicciobomba cannoniere, sacco de' merda, chiattone, scaldabagno, cofano di 500, facc' i baunu, patata, rotolo de coppa, trippone, bue, panzone, ippopotamo, dirigibile, supplì co' le braccia, boa di mare, biddio.
Faccio un gran respiro, Marisa. Grandissimo. Butto fuori l'aria. Tutti questi pensieri mi hanno fatto venire l'affanno e mi hanno messo il batticuore. 
E così che mi capita. Che mi è sempre capitato. Di colpo scatto in avanti e recupero tutto quello che ho perduto. Anche l'ingenuità.
Io però penso che sono meglio quando so essere Peppino sempre bambino.
Un altro respiro. Mi alzo. Suono il campanello. Mi aggiusto il cappotto sul fondoschiena. Sono pronto per questa nuova consegna."

Quello che ho pensato, quando ho finito di leggere "Un posto anche per me" è stato: "Quanto è crudele, a volte, la vita..."
Il libro racconta una storia triste, sfortunata e spietata. Storia di persone "partorite nell'odio e cresciute nell'indifferenza. Vite segnate dalla disgrazia."
Peppino appartiene a questa categoria.
E' il ragazzo delle consegne. E' cicciotto, e "lentarello". Prende ogni sera l'auti, perché gli hanno severamente vietato di prendere qualsiasi altro mezzo. E va. 
Si sistema l'abito per coprire il "culo da papera", suona i campanelli e consegna la merce. 
Per sé tiene solo gli spiccioli per il biglietto del ritorno e per l'Unione Sarda da portare alla nonna. Il resto è riservato al Nuraghe Blu. 
Nei tragitti che lo portano a destinazione, incollato al vetro dell'autobus, osserva le persone e i paesaggi, e parla con Marisa. Ricorda e racconta. 
Tutti lo prendono per matto: d'altronde è sempre stato un po' difettoso. Ma lui è buono, non gli importa, ha imparato che è meglio non attaccare briga, anche se tiene sempre la Guspinesa a portata di mano.
Si confida con Marisa, e questo gli basta. 
Un giorno, però, qualcosa durante una consegna va storto. E lui, sempre così preciso e puntuale, dovrà pagare anche se non avrà colpe. Perfino in quel momento si manterrà puro e indulgente e preferirà non dar vita a finali disgraziati perché, come dice lui, non è un infame. Farà semplicemente un biglietto solo andata da Civitavecchia.
Non saprà dove andrà a finire  - "Basta che ci sia il mare" - ma sa che, ovunque andrà, ci sarà un posto anche per lui. Gli spetta.

A malincuore, lo stavo già per accantonare fra i miei -  in continuo aumento - Mancati Casi Editoriali, quando tutt'ad un tratto s'è mosso qualcosa, un po' come se il romanzo avesse preso un'impennata e, insomma, alla fine si è salvato.
Non posso dire che mi sia piaciuto, questo no: mi aspettavo di leggere un'altra storia, probabilmente, le recensioni erano tutte positivissime...e invece....niente, mi ha deluso.
Per tutta la lunghezza del racconto, oltre ai ricordi, non c'è stato niente che desse un senso alla lettura: le giornate di Peppino erano tutte uguali, avevo la sensazione di star ferma con lui, sulla panchina, ad aspettare l'autobus.  Niente si muoveva, oltre alla sua mente che elaborava brutti ricordi. Più volte ho avuto la tentazione di saltare qualche pagina e, anche se poi non l'ho fatto, sul serio, non credo che avrebbe influito poi tanto.
Abate ha avuto un'idea di trama interessante, ma se avesse aspettato un po' meno a far accadere qualcosa nella vita del nostro povero Peppino, la lettura sarebbe stata senza dubbio molto più entusiasmante.

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