Daria Bignardi - L'amore che ti meriti


Daria Bignardi - L'amore che ti meriti

Mondadori
2014
pp. 247
€ 18





"Mi sono chiesta tante volte il perché di fronte a un dramma certe famiglie si disintegrano e altre no. Perché alcuni hanno la forza di accettare, superare, e altri non riescono a reagire.
Anche i genitori di Sandro e Renato avevano perso un figlio, e i loro figli un fratello. In quinta ginnasio, a una mia compagna era morta la sorella in un incidente d'auto. La madre di un'altra mia compagna si era ammalata di cancro. A un ragazzo era morto un fratello neonato, la nascita del quale aveva temuto e odiato.
Le disgrazie accadono. Cosa tiene unita una famiglia quando succede una tragedia? La fede? L'amore l'uno per l'altro? La generosità, l'equilibrio, il caso?
Penso alle famiglie dei Paesi poveri, dove i figli muoiono di fame o malattia. Il mondo è pieno di dolore. Perché alcuni lo sopportano e altri no?
Noi quattro ci volevamo bene.
Perché mia madre non ha costretto Maio a smettere? Perché non ha curato la depressione di mio padre? E lui, perché non si è fatto aiutare? Non si amavano abbastanza? Non mi amavano abbastanza? Cosa avrei potuto fare che non ho fatto?
Cosa ci è mancato?
Ho vissuto tutta la vita nel terrore che anche la mia nuova famiglia potesse andare in pezzi da un momento all'altro. Ho scelto un uomo affidabile e razionale perché non potesse accadere, un uomo equilibrato.
Ho combattuto e combatto ogni giorno con la paura, anche ora che ho più di cinquant'anni e sto per diventare nonna.
Certe persone non trovano mai pace."



Questo è uno dei pochi libri che ho preso a scatola chiusa.
Ma chiusa nel vero senso della parola. Nel senso che ho volontariamente evitato articoli e interviste a riguardo e l'ho acquistato senza pensarci tanto su.
Mi sono fidata della Bignardi e dei suoi tre precedenti che avevo amato. O forse solo della copertina (che poi ho scoperto esser opera di Henri Cartier-Bresson), e di quel titolo messo lì in rilievo. Della serie che sì, dovevo proprio averlo.

Siamo nei giorni nostri, fra Bologna e Ferrara. Alma ha più di cinquant'anni ormai; guarda una vecchia foto di uno dei tanti Natali a cavallo tra gli anni sessanta e i settanta.
Ora che è passato tanto di quel tempo riesce a scorgerne i particolari, grazie ad uno sguardo più adulto, o forse più freddo che, all'epoca, certo non poteva avere.
Eppure era già tutto così chiaro.
Ma l'amore incondizionato per Marco  - detto Maio -, suo fratello, sembrava renderla immune a qualsiasi dolore.
Due fratelli inseparabili, che vivono quasi in simbiosi, è difficile che si possano perdere così, da un momento all'altro. Invece ad Alma e Maio succede.
Una prova di "cose da grandi", quasi un gioco: un po' di eroina, così, giusto per provare.
O, almeno, questo diceva Alma, la più piccola, ma anche la più forte.
Maio cade in trappola, invece. Ed è qui che iniziano a dividersi le loro strade.
Poi di Maio si perde qualsiasi traccia. Dicono sia morto, ma il corpo non viene ritrovato; forse è finito nel fiume.
Alma si sente privata di un pezzo di sé, e contemporaneamente comincia ad accusare il tormento dei sensi di colpa.
Pensa che tutta una vita così, ad angosciarsi alla ricerca di un perché, la porterà ad impazzire. Decide allora di lasciare Ferrara e di ricominciare daccapo a Bologna, mettendo in un angolo il passato, che però continuerà imperterrito a ripercuotersi sulle sue giornate. Alma, infatti, non riuscirà mai a farsi degli amici. Ma troverà Franco, e sposerà la sua calma e il suo non fare domande.
Antonia  - detta Toni - è la figlia di Alma e Franco. 
Scrive thriller, ma nonostante l'ispettore Emma Alberici, l'eroina da lei inventata, riesca sempre a risolvere i casi con astuzia e prontezza, Toni non ha mai saputo niente del passato di sua madre, quindi non ha neanche mai potuto provare a analizzarlo. Non sa di avere dei nonni ebrei, né uno zio probabilmente suicida. 
Toni è incinta quando Alma decide di raccontarle tutto. Così, ancora incredula per le parole di sua madre, prende un treno per Ferrara, e si porta dietro tutte le intenzioni di capire cosa sia realmente successo anni prima. E di scoprire perché sua madre abbia sempre affrontato la vita con un perenne senso di inquietudine, perché non sia più tornata in città, perché non sia mai riuscita a legare con qualcuno... perché abbia deciso di dimenticare. Toni incontrerà nuove e vecchie facce, e oltre a sua madre, forse ritroverà anche un po' di se stessa.


La Bignardi, anche con questo ultimo romanzo, ha dimostrato di saperci fare.
Ancora una volta, seppur cambiando formula - qualcuno, come lei stessa ha scritto nelle ultime pagine riguardo alla storia di Antonia, l'ha definito un "thriller esistenziale" - è riuscita a ricamare un intreccio emozionante, sempre con quel velo malinconico che ricopre tutte le sue storie. O almeno questa è la mia impressione. 
Mi sembra sempre che scriva di qualcosa di fragile, di ricordi che a fatica restano ancorati alla mente e che quindi vanno in qualche modo protetti.
E' un racconto amaro, fra il dolore e il rimorso, la curiosità di portare a galla il passato e la consapevolezza di non poterne riparare gli errori. Una storia drammatica che, seppur rimanendo ancorata al filo degli affetti, riesce a toccare diversi temi senza mai dare la sensazione dell'aver messo troppa carne al fuoco.
L'autrice è riuscita a rendere trascinante una intricata storia d'affetto fra fratelli, e a dipanare poi la matassa in un rapporto madre-figlia, in piste da tipico thriller, in pezzi di storia italiana persi negli anni. E, infine, per ricamare il tutto, ha messo in scena una suggestiva Ferrara, con i suoi angolini magici, i suoi profumi e i suoi pasticci di maccheroni dolci.
Un'altra prova superata per la nostra Bignardi scrittrice che, però, mi ha lasciato un po' di amaro in bocca sul finale. Non so, sembra che manchi qualcosa.
Ma resta una bella storia che sa di vita vera, un romanzo struggente che scava nel profondo, alla ricerca dell'amore che tutti ci meritiamo.

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