Fausto Brizzi - Cento giorni di felicità

Fausto Brizzi - Cento giorni di felicità

Einaudi (collana Numeri Primi)
2015
pp. 385
€ 14




"Non ho mai pensato al mio funerale. Nessuno pensa mai al suo funerale. Eppure è la recita finale non replicabile di ognuno di noi, che interpretiamo magistralmente nei panni del protagonista. Dunque vale la pena dedicarci cinque minuti, almeno per non fare brutta figura.
Intanto bisogna scegliere il tipo di cerimonia.
Primo tipo o all'italiana: funerale in chiesa classico con sacerdote annoiato, lacrime e parole commosse degli amici più cari, poi tutti al cimitero per la tumulazione (se non c'è overbooking nel camposanto prescelto) e infine tutti a casa dei parenti più stretti del caro estinto a piangere fino a notte fonda, mangiando piatti freddi da rosticceria.
Secondo tipo o all'americana: sepoltura laica in un bel cimitero con prato da campo di golf, musica e poesie, poi tutti al funeral party in casa del caro estinto con ricco buffet e una band che intona le sue canzoni preferite. La vedova di solito si scatena anche in un rock'n'roll acrobatico con uno zio ballerino.
Vi sembrerò blasfemo, ma io preferisco di gran lunga il secondo.
Il mio funerale sarà una grande festa. Peccato che parteciperò da sdraiato."



Alzi la mano chi non ha mai rinunciato ad un caffè con un amico o ad una chiacchierata con i genitori per mancanza di tempo.
Chi non ha mai pensato che quella giornata al mare si potesse anche rimandare, quello spettacolo saltare, quel pensiero carino fare un'altra volta. 
Siamo sempre quelli senza tempo. Le nostre giornate somigliano più a delle maratone ormai: vince chi riesce a portare a termine il maggior numero di cose nell'arco delle solite  (troppo poche) ventiquattr'ore.
E' il tempo che ci comanda. Ed è buffo che ci rendiamo conto di quanto ne avevamo a disposizione solo quando ci viene tolto definitivamente.

A Lucio Battistini, il protagonista del libro, è successo esattamente questo. L'amico Fritz - quello che non chiami col suo vero nome perché non è che ti stia tanto simpatico - gli ha dato l'ultimatum: ancora cento giorni a disposizione, poi si chiude il sipario.

E cento giorni non sono mica tanti, soprattutto se hai due figli piccoli che devono ancora scoprire il mondo, una moglie da riconquistare (perché nella vita precedente avevi tanto di quel tempo da buttare, che hai preferito passarne un po' con un'altra), una squadra da allenare, due amici storici che ti aspettano per completare i Tre Moschettieri.
Ma quando il tempo non c'è, non puoi certo inventarlo. L'unica cosa che puoi fare è decidere di spendere nel migliore dei modi quello che ti rimane.
Ed è questo che diventerà l'obiettivo di Lucio. Tra viaggi pseudo-adolescenziali con gli amici di sempre, nuove amicizie, piccoli e grandi avventure con i figli, negozi di Chiacchiere, e immancabili ciambelle appena sfornate, il quarantenne protagonista di questa bellissima storia, cercherà in tutti i modi di rendere indimenticabile la sua vita e quella di chi gli sta vicino.

"Ho fatto degli errori, altri ancora ne farò, ma ho partecipato anch'io alla festa. C'ero anch'io. In un angolo magari, non ero il festeggiato ma c'ero. L'unico rimpianto è aver dovuto scoprire di morire per cominciare a vivere".

Brizzi è il regista di commedie di successo come "Notte prima degli esami" e "Maschi contro femmine", tanto per capirci. 
E' facile aspettarsi qualcosa di 'leggero' da un autore così, ed è bello scoprire che ci si può sbagliare. Non fraintendetemi: la lettura è a dir poco scorrevolissima, Lucio annota di giorno in giorno le sue paure  - e peripezie, noie, pensieri altalenanti - senza porsi alcun freno, come se stesse parlando a se stesso, perciò non si può certo dire che sia un libro pesante, anzi. 
Sbucano fuori tanti di quei sorrisi che lasciano piacevolmente sorpresi...perché in fondo è di cancro che si parla. 
Esatto, è lui l'amico Fritz.
E Lucio non cerca mai di prenderlo per i fondelli, al massimo lo porta a bersi una birra, con l'intento di renderlo meno prepotente di ciò che è, più innocuo, meno soffocante. A volte ci riesce, a volte è invece lui che riesce ad avere la meglio, ma ciò che importa è che Lucio tira avanti, e non gli passa neanche lontanamente per la testa l'idea di gettare la spugna, neanche per un attimo.
Mi ha ricordato la frase di Emma Bonino, pronunciata qualche tempo fa durante un'intervista: "Io non sono il mio tumore." Della serie che sì, ho il cancro, ma sono ancora qui, posso ancora fare mille cose, magari anche meglio di tutte quelle che sono riuscita a fare fino ad ora, perché è adesso che ho imparato ad avere coraggio.
E' scontato dire che è un libro che stravolge il modo di pensare? Che fa apprezzare tutte quelle bricioline di vita di ogni giorno che tendiamo a ignorare? Che mette una forza addosso tale da farci credere che anche quando sappiamo che la fine è vicina, possiamo sempre impegnarci a lasciare un buon ricordo di noi? 
Bene, sarà pure scontato da dire, ma queste pagine sono potenti, trascinanti e terribilmente emozionanti. Di quelle che, con ironia, e senza perdersi in discorsi filosofici, riescono a farci capire che la felicità non è niente di irraggiungibile come ci vogliono far credere. E che anzi, la notte, prima di prendere sonno, le cose a cui ripensiamo col sorriso, sono sempre quelle due o tre. Quel caffè, quella chiacchierata, quella canzone. E che la vita duri cento giorni o molti di più, poco importa: basta imparare a riconoscere la bellezza delle sue piccole grandi gioie.

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